martedì 27 aprile 2010

Commento

In questo post devio un attimo dalla strada percorsa nel mio blog. Infatti nel primo intervento avevo preannunciato che non avrei mai parlato di me, ma solo di una delle mie passioni. Adesso però ho deciso di scrivere questo commento riguardante l'Assignment n°4, ovvero il testo scritto dal nostro professore e intitolato "Coltivare le connessioni".
Molto probabilmente (azzerderei un sicuramente..) passerò da Bastian Contrario con questo intervento, perché la mia posizione è nettamente differente da quella esposta nel brano letto, ma sono dell'idea che ognuno debba pensare a modo suo, indipendentemente dall'ambiente o dalle pressioni a cui è sottoposto, e che non ci sono "idee giuste" o "idee sbagliate", ma ogni singolo pensiero acquista il suo valore in quanto appartenente ad un individuo specifico e diverso dagli altri.
Inoltre, lo stesso prof. ad un certo punto del brano afferma che "le masse possono esprimersi perché chiunque può scrivere i propri pensieri, proporre le proprie immagini, i propri suoni, commentare i contenuti degli altri..", quindi direi che anche il mio schieramento è più che lecito e che il mio commento è decisamente "di pancia" (come richiesto sempre dal prof. nel suo blog).
Non ho intenzione di fare un post anti-internet o cose del genere, ma solo prendere in considerazione alcuni punti del brano che mi sono saltati all'occhio in maniera particolare...perché sono totalmente del parere opposto.
Il primo punto si trova proprio all'inizio, nel prologo, quando c'è scritto che il nickname possa dire qualcosa dell'utente. Io non credo affatto che sia così. Credo piuttosto che un nickname sia solo un modo per nascondere la propria identità, come se ci si vergognasse di ammettere come ci chiamiamo e quello che siamo. Passino i nickname che prendono spunto da soprannomi, come quelli che ci si danno nelle compagnie di amici (anche io ne ho diversi), ma inventarsi di sana pianta un nome o una frasetta carina da apporre sui vari siti è come creare un altro sé stesso. Un sé stesso che non sarà mai l'io vero della persona.
Il secondo punto è quello sulla scolarizzazione. Anche qui mi dissocio dal pensiero espresso, poiché credo che la scolarizzazione della società non sia affatto incapace di cogliere il valore del nuovo, ma anzi penso che l'istruzione "rigida" abbia notevoli vantaggi a livello sociale e civile, e questo non è affatto inversamente proporzionale all'apertura mentale verso la novità. Si può essere rigidi, "scolastici", e allo stesso tempo aperti alle novità. Soprattutto, non trovo affatto giusta la contrapposizione fatta tra CONFORMISTA e CREATIVO. E io ne sono un esempio.
Ammettendo di avere una mentalità conformista, e scolastica, se vogliamo recuperare il termine precedente, sono allo stesso tempo una persona con una spiccata creatività. Questa creatività la ritrovo soprattutto nella dote che ho di sapere disegnare e cucire i vestiti che andrò poi ad indossare, nello sport che pratico, nello studio, o nel semplice approccio positivo e solare alla vita.
Per quanto riguarda la fine del rapporto della società odierna con le "cose vive" io credo che non sia del tutto esatto. Anzi, ritengo che sotto molti aspetti sia molto più morta internet che qualasiasi altra cosa. Ho visto cose assurde accadere sulla rete: mie amiche che si fidanzavano con ragazzi conosciuti su Facebook e mai visti di persona; ragazzi e ragazze che si spacciano per coloro che non sono, prendendo foto online e inventandosi di sana pianta un'altra identità; uomini maturi che si nascondono dietro allo schermo del pc per dare luce alle loro perversioni. Se questo è essere vivi, allora io non ho capito nulla della vita. Certo, Internet implica molte altre cose, ma verrebbe fuori un papiro egiziano se le prendessi in considerazione tutte (anche se mi sembra di essere già sulla buona strada..), e tante di queste sono molto molto utili, fatte bene e giuste. Ma continuo a chiedermi che fine faranno i rapporti veri, quelli tra persone in carne ed ossa, quelli viso a viso, che se a volte ti incavoli e ti viene da dare un spintone al tuo amico puoi farlo, quelli delle parole dette a voce e del contatto fisico...questo è il vero essere vivi.
Altro punto in contrasto con la mia filosofia è quello riguardante i genitori: personalmente, sono fiera dell'istruzione che i miei mi hanno dato, dei metodi che hanno utilizzato per educarmi e delle scuole che mi hanno fatto frequentare. Nonostante la mancanza di tempo per il lavoro, hanno sempre trovato il modo per seguirmi nella mia crescita e nelle mie passioni, e non hanno mai imposto la loro volontà sulla mia.
Stare troppo online, si, secondo me intorta completamente il cervello, e fa perdere il valore di quello che c'è fuori. In Internet capita davvero che "sciatteria e moltitudine si uniscano in connubio devastante" (citando il testo).
Detto questo, il mio post non voleva essere né polemico (ok, forse un pochettino si..) né offensivo nei confronti di chi la pensa diversamente (anche perché non è mia intenzione schierarmi contro il nostro docente!), ma solo un modo per esprimere un punto di vista diverso dal solito. Perché nella vita troveremo spesso chi la pensa diversamente.
In conclusione, riferendomi alla pg.26 dello scritto, io sono fiera di essere SCETTICA.

mercoledì 7 aprile 2010

Thomas Burberry



Burberry clothing fu fondata nel 1856 dal ventunenne Thomas Burberry, che aprì un negozio a Basingstoke, Hampshire. Consolidato il successo già dal 1870 e ottenuti alcuni brevetti, nel 1891 Thomas Burberry aprì un emporio in the Haymarket, Londra, che ospita ancora la sede dell'azienda. La compagnia fu successivamente incaricata di creare una nuova uniforme di servizio per gli ufficiali britannici e divenne fornitrice della spedizione antartica di Roald Amundsen nel 1911 e di Ernest Shackleton nel 1914. Divenuta popolare nel secondo dopoguerra, Burberry fu acquistata nel 1955 da Great Universal Stores (poi GUS plc), che possedeva i negozi londinesi di Argos (Negozi) e Homebase, scivolando in un lento declino. Solo nel 2000 l'azienda fu ristrutturata e promossa, rivitalizzando il suo successo e le sue vendite anche in nuovi settori di mercato.

Caratteristico è il motivo a tartan che è spesso presente sui suoi prodotti e che è divenuto il suo simbolo più riconosciuto e imitato.